dichiarazioni spontanee
e insomma, visto che non c'è due senza tre, ecco un altro racconto òrro. ma stavolta avverto che è molto òrro. forse più òrro degli altri. vabbe'...
Credetemi, non scherzo: la realtà è fatta a fette, e siamo noi a decidere in che fetta della realtà vivere. Lì ci stabiliamo e costruiamo la nostra dimora, che il più delle volte, col passare del tempo, si trasforma in una fortezza dentro la quale ci barrichiamo.
Se, per esempio, scegliamo di condurre una vita onesta e senza pecche, siamo portati a credere che il fango della delinquenza sia qualcosa di marginale, e che si viva in quella fetta di realtà solo per scelta deliberata. Ci siamo, classicamente, “fatti un’idea”. Leggendo giornali e guardando telegiornali. L’idea porta a un’unica conclusione: se ci barricheremo nel nostro cortile, staremo al sicuro. Devo ammettere che se al contrario decidiamo di vivere in maniera bieca, disonesta, immorale, ci consoliamo dicendo cose del tipo “tutti hanno i loro scheletri nell’armadio”...
Nel bene o nel male, viviamo nel nostro cortiletto e consideriamo reale solo quello.
Di certo non lo ammetteremo mai, ma è così. O, quanto meno, questa è l’idea che mi sono fatto.
Così, se decidiamo che le storie strane, bizzarre, astruse, che pure si raccontano, sono tutte frottole facilmente spiegabili, allora trascorreremo una vita tranquilla, tagliando fuori dalla nostra realtà una fetta, non piccola, di domande, dubbi, illusioni. (Pur sapendo benissimo che di domande, dubbi e illusioni è fatta la sostanza stessa della vita.)
Per esempio, c’è una nave chiamata Mary Celeste, che fu trovata nel 1872 con le vele ammainate e una zuppa di porridge mezzo consumata sul tavolo del capitano, e le scialuppe di salvataggio ancora al loro posto… e ci sono quelle coincidenze, che mi fanno veramente impazzire, davanti alle quali chiudiamo gli occhi innumerevoli volte al giorno, come quando, per fare un esempio, alla televisione vediamo un documentario sui pesci spada, e veniamo interrotti dal campanello della porta e sulla soglia troviamo un fattorino con un trancio di pesce spada regalatoci da un amico, e la sera, mentre torniamo in macchina a casa, vediamo l’insegna di una pescheria con il disegno di pesce spada. Sì, immagino che chi stia leggendo, in questo momento stia sorridendo con sufficienza già dimentico delle stranezze accadutegli, magari ben più bizzarre di quella da me descritta. E magari mi compatisce, mi considera un debole, uno che fa esempi stupidi perché fantasia e intelligenza non lo aiutano, invece lui, o lei, ha tenuto duro nel non credere a queste stupidaggini quella volta che… e sorride… ride di me, che mi sto sforzando di raccontare in tutta onestà. (Troppo spesso consideriamo il sorriso un segno di vittoria della nostra razionalità e ironia sulle stranezze della vita, quando invece può essere sintomo della peggiore delle sconfitte: il sorriso è una forma di paura, in certi casi; gli adolescenti ridono del sesso, ridono quando sentono parole come pene o vagina…)
Ma ho già divagato abbastanza. La prima volta che si manifestò il fenomeno non ebbi praticamente alcuna reazione. Ero solo in casa e trovai un posacenere capovolto sul divano del soggiorno. I mozziconi e la cenere sparsi un po’ ovunque, come se il posacenere avesse fatto un salto, dal tavolino di fronte al divano, fino al divano stesso. Come fa uno a pensarci su più di cinque minuti? Eppure era mattina, ero solo in casa, nessun ospite la sera prima, nessuna finestra aperta, niente che potesse neanche lontanamente giustificare una cosa del genere. Non ci pensai più di due minuti, anzi, da subito mi infastidì il fatto di dover pulire. Vivere da soli porta con sé alcune conseguenze, come il fatto che pulire diventa una sorta di lusso che ci si concede una volta ogni tanto…
E poi ero in ritardo, quindi ripulii grossolanamente e andai a lavoro.
Al mio ritorno tutto era al suo posto. Certo, razionalista com’ero, solo una piccola percentuale di me si aspettava di trovare qualcosa fuori posto, ma l’ordine (si fa per dire) della casa mi confortò nella certezza che, per qualche ragione, un posacenere si era ribaltato facendo un salto di circa mezzo metro e si era rovesciato sul divano.
Col passare del tempo i fenomeni aumentarono. Piccole cose, certo: un piatto rotto, la tv che si accendeva da sola, fiammiferi sul pavimento, un tozzo di formaggio nella credenza (mi ricordavo di averlo lasciato nel frigo), un fornello acceso… finché un giorno trovai un giornale sul lampadario.
Pensare è un po’ come respirare. Non si può smettere di pensare, finché si è vivi, e neanche di respirare, neanche mentre si dorme. Ma con la respirazione si può cambiare l’umore di una persona, ci sono tecniche di respirazione che lo permettono. C’è modo e modo di respirare, insomma. E c’è modo e modo di pensare.
I giorni passavano e io cominciavo a pensare in modo diverso. Considerai il fatto che non avevo paura, qualunque cosa fosse, non avevo paura. E ne ero in qualche modo compiaciuto.
Ma una notte mise a dura prova i miei nervi, e vinse.
Mi ero messo a letto da poco, avevo letto due pagine di un libro sulla seconda guerra mondiale e mi si erano chiusi gli occhi sulla parola “bombardamento”. Con gli occhi già chiusi lasciai cadere il libro a terra e spensi la lampada sul comodino. Non so da quanto tempo mi ero addormentato quando sentii… non so bene come definirlo… in genere si usa la parola “colpo”… e cioè un rumore sordo accompagnato da una vibrazione nelle pareti, nel pavimento… che arriva a te come un piccolo spostamento d’aria… al primo colpo ne seguì un altro… aprii gli occhi nel buio… e cercando di acquistare equilibrio e lucidità, provai a capire da dove venissero i rumori. Un altro colpo mi fece sussultare, quasi saltare sul letto. I rumori venivano proprio da lì, sotto di me, sotto il letto. Tremante, mi sporsi dal materasso. Cautamente spostai una mano verso il basso, verso il lembo delle coperte che sfioravano il pavimento quando una mano gelida mi afferrò il polso e mi trascinò giù dal letto. Caddi pesantemente a terra e da sotto il letto intravidi il suo volto tumefatto e grigio. Che nonostante tutto manteneva le tracce di una bellezza struggente. Urlai. E persi i sensi.
Mi risvegliai la mattina dopo sul pavimento. Dolorante e confuso.
Dopo quella notte cominciai ovviamente a dubitare della mia sanità mentale. Qualche giorno dopo presi un appuntamento con un medico specialista in problemi del sonno.
Visto che ero un po’ in anticipo, mi fermai in un bar nei pressi dello studio medico per un caffé. Sorseggiavo con lo sguardo nel vuoto e mi accorsi appena di una donna, o meglio una ragazza sui vent’anni, vestita con un abito lungo, che mi passò vicino. La ragazza, dopo avermi superato, tornò indietro. Me ne accorsi solo quando poggiò una mano inanellata sul bancone. Ci guardammo negli occhi. Ed ebbi paura. Fermo, paralizzato dal terrore, non riuscivo a dire una parola: era la copia esatta della ragazza sotto il letto. Cominciai ad avvertire la pelle d’oca invadere ogni centimetro della mia pelle. Lei se ne accorse e cercò di calmarmi. Si presentò, si chiamava Miriam. Ma non mi tranquillizzai più di tanto. Ero bloccato. Non volevo urlare nel bar, ma forse non ci sarei neanche riuscito.
La ragazza mi tese la mano. Quel gesto mi sciolse un po’ e dopo un momento, riuscii a trovare la forza di reagire. Sentire la sua mano calda stringersi nella mia, finalmente, mi calmò.
Miriam, dopo essersi scusata per il disturbo, senza altri preamboli mi parlò di sua sorella Emilia, scomparsa, nel vero senso della parola, circa due anni prima. Miriam mi spiegò che da quasi un anno avvertiva la presenza della sorella nei posti più impensati, e questo, in qualche modo, l’aveva convinta del fatto che la sorella fosse morta e tentasse di comunicare con lei. Vedeva negli occhi delle persone il suo passaggio, trovava le sue tracce psichiche e le seguiva: questo pensava. E per questa ragione Miriam si trovava lì in quel posto, a quell’ora. Non sapeva spiegarmi meglio, mi disse, quello che le stava accadendo, ma quella sera, in quel bar, aveva visto me e aveva visto di più. E questo l’aveva spinta a superare la soglia della discrezione e a parlarmi a viso aperto.
A quel punto mi chiese di raccontarle cosa avessi visto. Me lo chiese molto gentilmente.
E io le raccontai dell’apparizione. La vidi incupirsi e, dopo il mio racconto, rimase un po’ assorta nei suoi pensieri. Interruppi quel silenzio chiedendole se potesse esserle in qualche modo d’aiuto venire a casa mia per vedere dov’era successo. Lei, dopo qualche indugio, si convinse.
Una volta in casa, in un momento in cui era girata di spalle, le strinsi un laccio intorno al collo e tenni stretto finché non perse i sensi. Presi due giorni di permesso dal lavoro, comprai dell’acido in ferramenta e sciolsi il corpo di Miriam nella vasca da bagno.
Se, per esempio, scegliamo di condurre una vita onesta e senza pecche, siamo portati a credere che il fango della delinquenza sia qualcosa di marginale, e che si viva in quella fetta di realtà solo per scelta deliberata. Ci siamo, classicamente, “fatti un’idea”. Leggendo giornali e guardando telegiornali. L’idea porta a un’unica conclusione: se ci barricheremo nel nostro cortile, staremo al sicuro. Devo ammettere che se al contrario decidiamo di vivere in maniera bieca, disonesta, immorale, ci consoliamo dicendo cose del tipo “tutti hanno i loro scheletri nell’armadio”...
Nel bene o nel male, viviamo nel nostro cortiletto e consideriamo reale solo quello.
Di certo non lo ammetteremo mai, ma è così. O, quanto meno, questa è l’idea che mi sono fatto.
Così, se decidiamo che le storie strane, bizzarre, astruse, che pure si raccontano, sono tutte frottole facilmente spiegabili, allora trascorreremo una vita tranquilla, tagliando fuori dalla nostra realtà una fetta, non piccola, di domande, dubbi, illusioni. (Pur sapendo benissimo che di domande, dubbi e illusioni è fatta la sostanza stessa della vita.)
Per esempio, c’è una nave chiamata Mary Celeste, che fu trovata nel 1872 con le vele ammainate e una zuppa di porridge mezzo consumata sul tavolo del capitano, e le scialuppe di salvataggio ancora al loro posto… e ci sono quelle coincidenze, che mi fanno veramente impazzire, davanti alle quali chiudiamo gli occhi innumerevoli volte al giorno, come quando, per fare un esempio, alla televisione vediamo un documentario sui pesci spada, e veniamo interrotti dal campanello della porta e sulla soglia troviamo un fattorino con un trancio di pesce spada regalatoci da un amico, e la sera, mentre torniamo in macchina a casa, vediamo l’insegna di una pescheria con il disegno di pesce spada. Sì, immagino che chi stia leggendo, in questo momento stia sorridendo con sufficienza già dimentico delle stranezze accadutegli, magari ben più bizzarre di quella da me descritta. E magari mi compatisce, mi considera un debole, uno che fa esempi stupidi perché fantasia e intelligenza non lo aiutano, invece lui, o lei, ha tenuto duro nel non credere a queste stupidaggini quella volta che… e sorride… ride di me, che mi sto sforzando di raccontare in tutta onestà. (Troppo spesso consideriamo il sorriso un segno di vittoria della nostra razionalità e ironia sulle stranezze della vita, quando invece può essere sintomo della peggiore delle sconfitte: il sorriso è una forma di paura, in certi casi; gli adolescenti ridono del sesso, ridono quando sentono parole come pene o vagina…)
Ma ho già divagato abbastanza. La prima volta che si manifestò il fenomeno non ebbi praticamente alcuna reazione. Ero solo in casa e trovai un posacenere capovolto sul divano del soggiorno. I mozziconi e la cenere sparsi un po’ ovunque, come se il posacenere avesse fatto un salto, dal tavolino di fronte al divano, fino al divano stesso. Come fa uno a pensarci su più di cinque minuti? Eppure era mattina, ero solo in casa, nessun ospite la sera prima, nessuna finestra aperta, niente che potesse neanche lontanamente giustificare una cosa del genere. Non ci pensai più di due minuti, anzi, da subito mi infastidì il fatto di dover pulire. Vivere da soli porta con sé alcune conseguenze, come il fatto che pulire diventa una sorta di lusso che ci si concede una volta ogni tanto…
E poi ero in ritardo, quindi ripulii grossolanamente e andai a lavoro.
Al mio ritorno tutto era al suo posto. Certo, razionalista com’ero, solo una piccola percentuale di me si aspettava di trovare qualcosa fuori posto, ma l’ordine (si fa per dire) della casa mi confortò nella certezza che, per qualche ragione, un posacenere si era ribaltato facendo un salto di circa mezzo metro e si era rovesciato sul divano.
Col passare del tempo i fenomeni aumentarono. Piccole cose, certo: un piatto rotto, la tv che si accendeva da sola, fiammiferi sul pavimento, un tozzo di formaggio nella credenza (mi ricordavo di averlo lasciato nel frigo), un fornello acceso… finché un giorno trovai un giornale sul lampadario.
Pensare è un po’ come respirare. Non si può smettere di pensare, finché si è vivi, e neanche di respirare, neanche mentre si dorme. Ma con la respirazione si può cambiare l’umore di una persona, ci sono tecniche di respirazione che lo permettono. C’è modo e modo di respirare, insomma. E c’è modo e modo di pensare.
I giorni passavano e io cominciavo a pensare in modo diverso. Considerai il fatto che non avevo paura, qualunque cosa fosse, non avevo paura. E ne ero in qualche modo compiaciuto.
Ma una notte mise a dura prova i miei nervi, e vinse.
Mi ero messo a letto da poco, avevo letto due pagine di un libro sulla seconda guerra mondiale e mi si erano chiusi gli occhi sulla parola “bombardamento”. Con gli occhi già chiusi lasciai cadere il libro a terra e spensi la lampada sul comodino. Non so da quanto tempo mi ero addormentato quando sentii… non so bene come definirlo… in genere si usa la parola “colpo”… e cioè un rumore sordo accompagnato da una vibrazione nelle pareti, nel pavimento… che arriva a te come un piccolo spostamento d’aria… al primo colpo ne seguì un altro… aprii gli occhi nel buio… e cercando di acquistare equilibrio e lucidità, provai a capire da dove venissero i rumori. Un altro colpo mi fece sussultare, quasi saltare sul letto. I rumori venivano proprio da lì, sotto di me, sotto il letto. Tremante, mi sporsi dal materasso. Cautamente spostai una mano verso il basso, verso il lembo delle coperte che sfioravano il pavimento quando una mano gelida mi afferrò il polso e mi trascinò giù dal letto. Caddi pesantemente a terra e da sotto il letto intravidi il suo volto tumefatto e grigio. Che nonostante tutto manteneva le tracce di una bellezza struggente. Urlai. E persi i sensi.
Mi risvegliai la mattina dopo sul pavimento. Dolorante e confuso.
Dopo quella notte cominciai ovviamente a dubitare della mia sanità mentale. Qualche giorno dopo presi un appuntamento con un medico specialista in problemi del sonno.
Visto che ero un po’ in anticipo, mi fermai in un bar nei pressi dello studio medico per un caffé. Sorseggiavo con lo sguardo nel vuoto e mi accorsi appena di una donna, o meglio una ragazza sui vent’anni, vestita con un abito lungo, che mi passò vicino. La ragazza, dopo avermi superato, tornò indietro. Me ne accorsi solo quando poggiò una mano inanellata sul bancone. Ci guardammo negli occhi. Ed ebbi paura. Fermo, paralizzato dal terrore, non riuscivo a dire una parola: era la copia esatta della ragazza sotto il letto. Cominciai ad avvertire la pelle d’oca invadere ogni centimetro della mia pelle. Lei se ne accorse e cercò di calmarmi. Si presentò, si chiamava Miriam. Ma non mi tranquillizzai più di tanto. Ero bloccato. Non volevo urlare nel bar, ma forse non ci sarei neanche riuscito.
La ragazza mi tese la mano. Quel gesto mi sciolse un po’ e dopo un momento, riuscii a trovare la forza di reagire. Sentire la sua mano calda stringersi nella mia, finalmente, mi calmò.
Miriam, dopo essersi scusata per il disturbo, senza altri preamboli mi parlò di sua sorella Emilia, scomparsa, nel vero senso della parola, circa due anni prima. Miriam mi spiegò che da quasi un anno avvertiva la presenza della sorella nei posti più impensati, e questo, in qualche modo, l’aveva convinta del fatto che la sorella fosse morta e tentasse di comunicare con lei. Vedeva negli occhi delle persone il suo passaggio, trovava le sue tracce psichiche e le seguiva: questo pensava. E per questa ragione Miriam si trovava lì in quel posto, a quell’ora. Non sapeva spiegarmi meglio, mi disse, quello che le stava accadendo, ma quella sera, in quel bar, aveva visto me e aveva visto di più. E questo l’aveva spinta a superare la soglia della discrezione e a parlarmi a viso aperto.
A quel punto mi chiese di raccontarle cosa avessi visto. Me lo chiese molto gentilmente.
E io le raccontai dell’apparizione. La vidi incupirsi e, dopo il mio racconto, rimase un po’ assorta nei suoi pensieri. Interruppi quel silenzio chiedendole se potesse esserle in qualche modo d’aiuto venire a casa mia per vedere dov’era successo. Lei, dopo qualche indugio, si convinse.
Una volta in casa, in un momento in cui era girata di spalle, le strinsi un laccio intorno al collo e tenni stretto finché non perse i sensi. Presi due giorni di permesso dal lavoro, comprai dell’acido in ferramenta e sciolsi il corpo di Miriam nella vasca da bagno.
astrosio 2007, all rights reserved
Etichette: bozze
51 Comments:
PRIMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!
Astrò...a te fa male CSI!
Astrò per il prox finale... ho 1 proposta ke nn puoi rifiutare: cementala e mandala giù insieme a Luca Brasi a... riposare coi pesci!!!:)))
Rocco mio questa volta dobbiamo ammetterlo, non ci sono cazzi: GRANDE, GRANDE, GRANDE!!!
EVVAI!!!!!!!
kaishe, ritiri (seconda persona singolare in barese) il premio alla cassa.
winx, luca brasi vive.
anonimo, mersibocù.
Ad ogni modo, Astro', a parte la trama del racconto che eguaglia e forse supera gli altri due... ha lanciato davvero parecchi spunti in questo post...
Mi sono particolarmente piaciuti:
se decidiamo che le storie strane, bizzarre, astruse, che pure si raccontano, sono tutte frottole facilmente spiegabili, allora trascorreremo una vita tranquilla, tagliando fuori dalla nostra realtà una fetta, non piccola, di domande, dubbi, illusioni. (Pur sapendo benissimo che di domande, dubbi e illusioni è fatta la sostanza stessa della vita.)
Troppo spesso consideriamo il sorriso un segno di vittoria della nostra razionalità e ironia sulle stranezze della vita, quando invece può essere sintomo della peggiore delle sconfitte: il sorriso è una forma di paura
... e comunque dalla prima lettura a questo momento... mi hai cambiato una frase...
Dimmi che è vero...
E' vero?
sì. non so perché c'era un "in cucina" invece di un "sotto al letto". mah... chissà... forse un fenomeno paranormale... o forse è che mi sono sbagliato. acc... sto ridendo.
Visto che ti leggo attentamente...
Del resto TE LO MERITI...
A domani, Astrosio... buona serata!!!
(Rocco forse ho esagerato... qui l'aria sta diventando pesante... ti prego portami a pesca!)
grazie kaishe, anche a te.
anonimo, rocco si è dato.
Ma povera Miriam... Perdonami, ma il protagonista oltre che matto era anche fesso: come gli è venuto in mente di sciogliere nell'acido la povera Miriam dopo aver subito le persecuzioni della sorella?? Tu non lo dici, ma d'ora in avanti sarà perseguitto non da una, ma da DUE anime incazzate!!
sciolta.
be', marcolo, tutto sommato se lo merita.
ASTROSIO BELLo, vorrei sapere perchè ieri sera hai postato così tardi.
Buongiorno a tutti...
Cometa... svanita...
(Miriam, intendo)
stef, mi scappava di postare a quell'ora. non potevo farci niente.
Perchè?
Perchè l'ha uccisa?
non me l'aspettavo!!
comunque mi associo a Kai al di là del racconto sempre di alta suspence, mi piace moltissimo il preambolo!! penso spesso alla mia fetta di realtà e penso anche se è effettivamente quella che mi piaceva di più! evidentemente si, visto che faccio di tutto ogni giorno per convincermi che è la fetta giusta!!
massì, è quella giusta. a mio insindacabile giudizio. poi ovviamente posso sbagliarmi. ma non è detto che il tipo abbia proprio così ragione. magari è una cosa che dice per consolarsi. per darsi un po' di pace. non lo so. non sono io, è lui che parla. non ho un'idea precisa in merito.
Esatto!! anche la mia tipa mi ronza sempre nell'orecchio e dice "massi è quella....politicamente corretta", ma secondo me, mica è tanto convinta neanche lei!!
p.s. sul perché la uccide e sul perché poi scrive il tutto... marcolo ha dato un indizio...
ahhhhhhh!!! che paura!!! ODIO i compiti a casa!!
mi è venuta l'ansia, mi sento sotto esame!! e se non so rispondere!! aiutoooo!!
ok, si sono calma, ora ci penso e mi darò la mia risposta!!
p.p.s. e tieni d'occhio anche il titolo ;)
Capito:
Miriam gli piaceva + della sorella e voleva trovare lei sotto i letto...no, aspetta...era un perverso e gli gustavano le cose a tre!
No...sperava che a questa non gli venisse la faccia grigiastra!!
mmm... no... vediamo... ti sei chiesta come sia scomparsa emilia?
No, non è vero!! non mi freghi!! il titolo è astruso e non c'entra una cippalippa con il resto. Ovviamente a mio insindacabile giudizio! che è insindacabile essendo io di una bellezza imbarazzante!!
....Paura eh?? hai avuto il terrore di esserti sdoppiato, vero??
lo sdoppiamento e' una delle mie fissazioni. il doppelganger così detto. il doppio dell'io. è una delle cose che più mi fa paura al mondo. per questo mi piace un casino.
p.s. il titolo è assolutamente legato allo scritto. è dentro la storia. ne fa parte ;)
E va bene, sarò seria!
Emilia l'ha uccisa Miriam la quale involontariamente si è costituita al bar! l'ha uccisa per paura che lo facesse lei per prima!
quello che mi sfugge è...perchè proprio lui!
è lui che ha ucciso emilia. e uccide anche miriam per paura di essere scoperto. e la paura di una cosa materiale supera quella di una cosa immateriale. questo più o meno. perché poi lui non regge più e si costituisce. rendendo... dichiarazioni spontanee.
Allora non esiste Miriam.... non esiste Emilia...... lei era solo unapovera pazza che si voleva trom***re il protagonista.
E per farsi notare si reca furtivamente in casa sua, lo avvicina al bar, gli racconta sta storiella della sorella...... e finalmente quando lui la invita in casa, lei spera di....., ma lui preso dalla paura, la uccide.
hahahaha, stef, ci sta tutta, o quasi, questa spiegazione alternativa! ma le mie intenzioni erano altre. cmq, come giustamente dice marcolo, forse lui viene perseguitato da entrambe le sorelle, e questo lo spinge a costituirsi.
ASTROSIO è la prima volta che ti "sento" ridere
come la prima volta? e tutti i miei BUAHAHAHAHAHAHA!!!?!?!?!?
.........ehmmmm veramente pensavo che piangesti o urlasti.
BUAAHAHAH lo fa un bambino quando ha la bua
Cazzo!!! è la prima cosa che mi è balenata nel cervello....poi la ragione ha preso il posto dell'impulso!!
mercury, come dice giustamente nabokov, a volte bisogna leggere con la schiena ;)
stef, ma no! è una risata sardonica! soprattutto SARDONICA! hehehehe...
secondo me è una risata mefistofelica!!oggi mi gira questa parola e ho già trovato due occasioni per usarla!
incredibile!!
Per me invece, è una risata FIOSTAMINICA.
Ciao raga, vado a pranzo.
Il primo caso di conversazione incrociata tra blog!!
Astrò da Chris si parla della tua risata sardonica!!!!
addirittura! travalica i blogbs! è proprio una risata permeante! immanente! BUAHAHAHAHAHA!!!
Mah...sarà... xò Mercury... ripensando alla risata di Astrò, + ke sardonica è da Sardellaverdemattina!!:)
Dì... Astrò... nn sarai mica tu il Principe...VERDEEEE???:)))))))))
ci vediamo in tribunale. non c'entra un cazzo ma mi ha fatto lontanamente pensare a lettera al mio psichiatra, o lettera al mio giudice, non ricordo bene.
parente di parte. di parte...paterna, credo.
sì paterna. e poi, possibile che tutti mi vogliano vedere in tribunale?!?!?! insomma, mi sento perseguitato. io posso anche non sapere.
Ciao ASTROSIO, buon week-end
ciao stef, grazie e altrettanto.
ricordatemi.
Cometa... certamente...
Potremmo mai dimenticare la sua coda scintillante e l'aria natalizia che evochi?
ricordiamola. ok.
compiaciuta.
che sincronicita'! pensa, proprio oggi che ho letto il post mi é arrivato una pacco di pesce spada dalla Calabria.
Per non parlare del fatto che in bagno c'é ancora una puzza insostenibile.
il pesce spada dalla calabria in australia. se non ci credessi, non ci crederei.
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