trovo che la cacca, nella sua identità ontologica, dia luogo a un grande paradosso.
infatti, tanto per cominciare in leggerezza, se uno non fa la cacca non è sano, se uno la fa, al contrario, è sano.
tutti però abbiamo a che fare con la cacca.
tutti ci auguriamo di farla, anche, nella giusta misura e densità.
insomma, la cacca è importante.
ma nello stesso tempo tutti, chi più chi meno, tende un po' a considerarla di poca importanza.
insomma, non le si dà peso nelle considerazioni filosofiche.
invece secondo me ha un grande peso nell'autocoscienza dell'essere umano.
in sostanza, la morte e la cacca sono i due tabù più estremi.
l'uomo, com'è giusto che sia, tende a darsi importanza nell'ordine delle cose.
è invevitabile.
ma fa la cacca.
cioè è costretto dalla natura ad assumere una posizione poco dignitosa e a dare luogo alle sue deiezioni.
per un certo tot di tempo, deve rimanere in quella posizione e spesso, per lo sforzo, assumere anche delle espressioni del volto altrettanto poco dignitose.
insomma, la cacca costringe anche il più importante degli uomini, anche il più poetico, anche il più bello (come me), a passare momenti della sua giornata faccia a faccia con la sua parte più scabrosa e meno dignitosa. la cacca, appunto.
necessariamente, ogni volta che si ha questo tipo di esperienza, è inevitabile, a mio avviso, percepire il contrasto fra le nostre capacità speculative, creative, emotive, d'astrazione eccetera, con questo momento scabroso.
mio nonno aveva un piccolo soprammobile a forma di water sul quale c'era scritto:
"saran potenti i papi, saran potenti i re, ma quando qui si siedono, sono tutti come me."
ma fin'ora si è rimasti sull'ovvio.
in realtà la cacca è un paradosso perché viene ignorata.
sostanzialmente è questo: se cartesio diceva "cogito ergo sum", perché non dire "cago ergo sum"?
in realtà secondo me la riflessione sulla cacca apre grandissime possibilità di riflessione e pensiero.
ma questo, è qui c'è tutta la forza dirompente del paradosso, non è mai stato preso in considerazione dai filosofi, che al limite parlano di "miserie umane", restando sul vago.
mai nessuno si è chiesto: cazzo, io cago. perché?
che senso ha nell'ordine delle cose una cagata?
che posto ha?
che conseguenze ha?
possiamo riderne quanto vogliamo, ma prima o poi, dobbiamo andare a cesso.
c'era un vecchio indovinello che girava quando io ero adolescente, e cioé:
cos'è meglio? una scopata o una cacata?
tutti rispondevano, per fare i machi, una scopata! una scopata!
la risposta era: ah sì? prova a stare una settimana senza scopare e una settimana senza cacare, e poi mi dici.
insomma, la cacca è astrusa. e non c'entra che è naturale.
nella mia classifica personale di astruserie esistenziali ci sono, ai primi tre posti, ex aequo:
la cacca, la morte e le stelle.
insomma, noi possiamo sentirci grandi, enormi, figli di dio, dio stesso.
ma sotto un cielo stellato, davanti a un bara scoperchiata o seduti sul cesso, alla fine, qualche domanda finisce che la facciamo.
e non necessariamente per dare una risposta che siamo niente eccetera eccetera, non voglio dire questo. non c'entra una mazza.
dico solo che è peccato trascurare queste domande astruse.